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Comunicato stampa

 

Diffamazione e lesività della trasmissione de Le Iene: il Comune vince il primo grado della Causa civile contro Le Iene. Reti Televisive Italiane, verserà a titolo di risarcimento del danno 20.000,00 euro, oltre il rimborso delle spese legali.

 
Martello del giudice

Con sentenza dello scorso 30 novembre 2016, emessa dal Tribunale di Roma, il giudice Carmela Chiara Palermo ha accertato "la natura diffamatoria della puntata trasmessa in data 5.2.2014, del programma televisivo Le Iene andata in onda sulla rete televisiva Italia Uno", in relazione al servizio dal titolo "Quando gli assistenti sociali ti tolgono i bambini", condannando Reti Televisive Italiane (R.T.I.) al risarcimento dei danni non patrimoniali patiti dal Comune di Lissone nella misura di euro 20.000,00, oltre al rimborso di tutte le spese legali.

 
 

È questo quanto deciso dal Tribunale ordinario di Roma nel primo grado della Causa civile promossa dal Comune di Lissone, difeso dall'Avvocato Danilo Delia, del Foro di Monza, contro Reti Televisive Italiane a seguito della terza puntata del programma televisivo Le Iene andato in onda sulla rete Italia Uno, in cui la "iena" Matteo Viviani aveva realizzato un servizio avente ad oggetto la vicenda della signora Linda Greco, giovane donna e mamma di due bambini minori.

 

Fin dal principio, l'Amministrazione Comunale aveva contestato la ricostruzione dei fatti offerta dal servizio, il taglio gratuitamente accusatorio che era stato dato allo stesso, il montaggio della puntata e delle interviste rese dai soggetti coinvolti e dal Sindaco, contestando recisamente anche il titolo dato al servizio, evidenziando come i Servizi Sociali del Comune di Lissone non avessero mai strappato alcun bambino all'affetto della propria madre, avendo sempre e solo dato seguito alle puntuali prescrizioni del Tribunale dei Minorenni di Milano, a cui competeva ogni decisione in materia.

 

"Sono soddisfatta di vedere riconosciuta la verità dei fatti - dichiara il sindaco di Lissone, Concettina Monguzzi - La messa in onda di quel servizio ha avuto una ricaduta importante e problematica sull'operato dei servizi sociali e sulla figura degli operatori che quotidianamente devono affrontare emergenze e che quindi hanno necessità di lavorare in serenità per poter mettere in atto soluzioni e procedure corrette e risolutive".

 

Il caso già dal giugno 2012 era in carico ai Servizi sociali comunali, in seguito ad un provvedimento del Tribunale dei Minorenni che aveva emesso specifici provvedimenti riguardanti l'affidamento dei bambini coinvolti nella triste vicenda, a cui i Servizi Sociali avevano dato doveroso seguito.

 

Il Tribunale di Roma, nella sentenza in argomento, censura in maniera chiara e netta l'operato dell'intervistatore Viviani giungendo a precisare che in considerazione dei fatti narrati (coinvolgenti minori) è emersa da parte dell'autore del servizio televisivo la mancata effettuazione dei più elementari accertamenti al fine di verificare l'attendibilità di quanto trasmesso.

 

Prosegue il Tribunale di Roma dicendo "la notizia trasmessa non è corrispondente al reale svolgimento dei fatti ed è prospettata, anzi, in modo tale da ingenerare nello spettatore la convinzione che i Servizi Sociali avessero tenuto una condotta per lo meno non diligente, se non addirittura rivestente profili penalmente rilevanti, riconducibile ad un'omissione di atti"

 

Precisa, ancora, il Giudice che nemmeno il più elementare accertamento circa la veridicità della notizia che si stava mandando in onda è stato compiuto dall'intervistatore e sono, al contrario, state veicolate notizie basate su valutazioni prive del pur minimo riscontro, esponendo così l'operato del Comune di Lissone (e dei Servizi Sociali, quale organo dello stesso) al pubblico ludibrio.

 

Al tempo stesso, il Giudice ha aggiunto che "il giornalista si è limitato a trasmettere una opinione avallata dall'interpretazione fornita dai legali della signora Greco". Aggiungendo che, nel caso specifico, i principi in tema di verità, anche se putativa, e i relativi controlli da parte dell'autore del servizio "sono stati assolutamente obliterati".

 

Osserva, inoltre, il Tribunale che solo con la comparsa conclusionale R.T.I. ha ammesso che "gli assistenti sociali che non vollero rilasciare alcuna intervista erano quelli del Comune di Carate Brianza e non quelli del Comune di Lissone: nel video, peraltro, non si dà contezza della circostanza".

 

All'interno della sentenza viene messa in rilievo anche un'altra anomalia, fin dal principio sottolineata dall'Amministrazione Comunale, e cioè il fatto che R.T.I. non sia stata in grado "di produrre l'intervista al Sindaco nella sua interezza, così precludendo al Tribunale la possibilità di verificare se - nel corso dell'intervista - fossero state fornite dal Sindaco ulteriore informazioni".

 

Le ragioni addotte dalla Iena Viviani per giustificare l'impossibilità di produrre in Tribunale la versione integrale delle interviste rese dai soggetti coinvolti, compreso quella del Sindaco, sono state giudicate inverosimili e pretestuose dall'Avvocato Danilo Delia, legale del Comune, in quanto la Iena Matteo Viviani, con dichiarazione autografa, ha sostenuto che era stato tutto cancellato per ragioni di spazio di archiviazione.

 

Il Tribunale chiude così, quindi, la ricostruzione delle risultanze processuali: "In conclusione, appare evidente che parte convenuta R.T.I. non ha dimostrato di aver svolto i necessari controlli sulla veridicità di quanto pubblicato né di aver dato pieno diritto di replica all'altra parte coinvolta nella vicenda. Vanno dichiarate, dunque, la natura diffamatoria e la lesività della trasmissione per i motivi sopra esposti e va quindi affermato il diritto del Comune di Lissone al ristoro dei danni conseguenti all'evento lesivo".

 

Il danno non patrimoniale risarcibile al Comune di Lissone "è riconducibile alla falsa attribuzione di notizie che denotano l'inefficienza dell'operato dei Servizi sociali del Comune con presumibili ricadute negative in termini di generale credibilità del loro operato in ambito professionale attraverso una trasmissione che è stata vista da oltre 2.807.000 telespettatori, con uno share pari al 13.57%".

 

Il Comune di Lissone, pertanto, entro qualche giorno verrà risarcito con il pagamento di 20.000,00 euro, somma, questa, determinata in via equitativa dal Tribunale di Roma a titolo risarcimento del danno non patrimoniale sofferto a seguito della messa in onda della trasmissione sopra indicata dichiarata palesemente diffamatoria e lesiva.

 

Entro il 28 gennaio si saprà se R.T.I. proporrà appello alla sentenza.

 

Nello stesso tempo va precisato che il Sindaco, a ridosso della trasmissione, aveva deciso di tutelare l'immagine del Comune e dei Servizi Sociali anche in sede penale, con il patrocinio dello stesso Avv. Delia, sporgendo denuncia-querela dinanzi alla Procura della Repubblica di Monza.

 

A breve dovrebbe essere presa la decisione circa l'eventuale rinvio a giudizio dei soggetti responsabili dei fatti sopra descritti. Il legale del Comune ha tempestivamente informato la Procura della Repubblica di Monza della pubblicazione della sentenza del Tribunale di Roma.

 

Lissone,11 gennaio 2017


 
 
Ultima Modifica: 31/10/2022