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Ezio Gribaudo: le stanze delle meraviglie dall'informale ai "Bianchi" ai "Teatri della memoria"

Teatro della memoria, 2007 - tecnica mista, 120x80 cm

8 marzo - 27 aprile 2008

Mostra a cura di: Luigi Cavadini e Silvia Pegoraro

Orario:  (chiuso lunedì):
             martedì, mercoledì, venerdì 15.00-19.00 
             giovedì 15.00-23.00
             sabato e festivi 10.00-12.00 15.00-19.00
 
Ingresso libero

Inaugurazione: venerdì 7 marzo, ore 18.00

Conferenza stampa e visita guidata: venerdì 7 marzo, ore 16,00

Visite guidate per scuole e gruppi su prenotazione.

Maggiori informazioni

 
 

Il Museo d'Arte Contemporanea di Lissone, dopo l'importante rassegna che ha messo a confronto l'opera di Giorgio de Chirico e quella del fratello Alberto Savinio (in atto fino al 24 febbraio), continua l'indagine tra gli artisti che hanno partecipato al Premio Lissone storico (1945-1967) dedicando - a partire dall'8 marzo - una rassegna a Ezio Gribaudo (Torino, 1929), uno dei più interessanti artisti italiani contemporanei, un multifor-me e instancabile ricercatore nella sperimentazione pittorica, scultorea e grafica.
Come per la maggior parte degli artisti della sua generazione, la sua attività iniziale è stata influenzata dal movimento dell'arte informale. Una delle uscite significative dei primi anni è stato proprio il Premio Lissone - che fu uno dei centri d'eccellenza per la conoscenza e la diffusione dell'arte informale europea - che lo pro-pose nell'edizione del 1961 all'interno della "sezione informativa-sperimentale dei giovani artisti italiani", in cui figuravano fra gli altri Adami, Angeli, Aricò, Ceretti, De Gregorio, Festa, Franceschini, Francese, Lo Sa-vio, Marcheis, Nanni, Paolini, Piattella, Pozzati, Recalcati, Romagnoni, Rossello, Schiavocampo, Schifano, Uncini e gli artisti del Gruppo N, del Gruppo T o Miriorama e del Gruppo Milano 61.

La mostra - che comprenderà una sessantina di opere e sarà curata da Luigi Cavadini, direttore del Museo, e da Silvia Pegoraro - intende prendere le mosse proprio dalle giovanili opere informali di Gribaudo per in-cludere poi alcuni degli esempi più significativi del successivo lavoro con particolare attenzione alle fonda-mentali serie dei Logogrifi e Bianchi e dei Teatri della Memoria.
Tra i primi critici che si interessarono dell'opera di Ezio Gribaudo figura Michel Tapié - il grande critico fran-cese che coniò la stessa definizione di "art informel" - il quale presentò la sua mostra alla Galleria del Caval-lino di Venezia proprio nel 1961. Qui comparvero per la prima volta i famosi "flani", oggetti tratti dal mondo dell'editoria e valorizzati come ready-made particolarmente densi di significati e di sollecitazioni. A questo proposito risulta decisiva l'esperienza condotta presso le Edizioni d'Arte Fratelli Pozzo prima, e presso i Fra-telli Fabbri Editori poi, che, oltre a vedere Gribaudo promotore di memorabili iniziative editoriali dedicate a de Chirico, Burri, Bacon e moltissimi altri grandi artisti internazionali, gli offre un diretto contatto con tecniche che egli saprà trasformare da "riproduttive" in "creative". Dall'idea dei "flani" si sviluppa infatti tutta la sua ri-cerca successiva. A cominciare dai Logogrifi - che gli valsero il premio per la grafica italiana alla Biennale di Venezia del 1966 e lo resero celebre: scritture cifrate esoteriche e "magiche", impresse e rilevate bianco su bianco su carta assorbente e porosa. I Bianchi sono le variazioni tridimensionali, realizzate dal 1965 ad oggi, prevalentemente in polistirolo e sabbia, degli originali Logogrifi bidimensionali.
Nello stesso anno della fortunata Biennale veneziana, il 1966, un altro nume tutelare della critica europea, Pierre Restany, includendo l'artista nel movimento del "Nouveau Réalisme", aveva scritto : "Il mondo di Ezio Gribaudo è il mondo della tipografia, dell'impressione, dell'edizione. Le matrici, i piombi, i clichés della fotoin-cisione si sono imposti a lui nella loro piena virtualità espressiva, come una fonte inesauribile di immagini poetiche e nuove... Gribaudo ha saputo ritrovare l'essenza di tutti i miti". Se l'affermazione è perfettamente calzante rispetto ai Logogrifi e ai Bianchi, lo è a maggior ragione rispetto a quella sorta di borgesiana biblio-teca di Babele costituita dall'ampio e raffinatissimo ciclo policromo dedicato ai Teatri della memoria: una lunga serie di opere a tecnica mista e collage - iniziata a metà degli anni '60, e tuttora in progress - dove l'enigmatica, intramontabile fascinazione dei flani tipografici, ormai depositari di memorie surreali, consegna-te contemporaneamente all'immagine e alla scrittura, si sposa a uno straordinario, sapiente e sensuale uso del colore. Un sorprendente repertorio-assemblage di immagini, dove la natura si fonde con la cultura e con la storia, la memoria individuale s'intreccia a quella collettiva, e insieme s'incrociano con l'utopia, il sogno, l'immaginazione: un po' come avveniva nelle antiche Wunderkammer - le "stanze delle meraviglie" - frutto dell'aristocratico e bizzarro collezionismo dell'era pre-moderna, favolose antesignane dei moderni e assai più asettici musei .
Nei Teatri della memoria si incontrano cavalli, scarabei e farfalle, la Torre di Tatlin e la Mole Antonelliana, architetture arcaiche a architetture utopiche, bassorilievi precolombiani e statue classiche, squisiti disegni botanici e tavole anatomiche. Motivo ricorrente - non solo nei Teatri della memoria, ma in tutta l'opera di Gri-baudo - è la figura-profilo del dinosauro, che appartiene contemporaneamente all'ambito della historia natu-ralis e a quello dell'immaginazione, del mito, e per questo può assurgere a simbolo, insieme ludico ed enig-matico, dell'unione di questi due mondi.

Controcorrente rispetto alla de-simbolizzazione che caratterizza la cultura contemporanea, l'arte di Gribaudo si nutre di un sentimento di appartenenza cosmica che è l'humus necessario per la vita dei simboli. L'uomo moderno, soggetto a una catena infinita di mediazioni, perde sempre di più il suo rapporto intimo con la real-tà e i suoi elementi. Ed è proprio la stanchezza e il rifiuto delle mediazioni della politica, dell'economia, della cultura "materiale" intesa come esclusivamente "materialistica", a spingere sempre più decisamente l'artista verso il "primario", verso la forza originaria e cosmica della poesia e del simbolo.

Il catalogo della mostra è edito da Silvana Editoriale.

 

Nota biografica

Gribaudo è nato nel 1929 a Torino, dove vive e lavora. Le tappe della sua carriera artistica sono segnate dall'intensa attività espositiva che dal 1953 ad oggi lo hanno reso protagonista della scena culturale con importanti mostre personali e collettive in gallerie e musei in Italia e all'estero.
Tra i numerosi riconoscimenti alla sua attività creativa ricordiamo nel 1955 il premio alla Biennale Giovani di Gorizia, quello alla IX Quadriennale d'arte nel 1965, il premio alla XXXIII Biennale di Venezia del 1966 e alla Biennale di San Paolo del Brasile nel 1967.
Nel 2003 riceve la medaglia d'oro ai benemeriti della Cultura e dell'Arte dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e il Premio Torino Libera del Centro Pannunzio.
Nel 2005 è stato nominato presidente dell'Accademia Albertina di Torino.
Le sue opere più conosciute sono i Logogrifi, rilievi su carta buvard bianco su bianco che gli hanno dato la notorietà, ma Gribaudo è uno sperimentatore e ha sempre alimentato il suo lavoro anche attraverso l'incontro con culture diverse. La sua opera si situa tra pittura e scultura e utilizza, nella ricerca di esiti nuovi, i materiali tradizionali, ma anche il polistirolo, i flani tipografici, i collage ed altro ancora.

 

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Ultima Modifica: 31/10/2022